L'età avanza, i sogni di bambino di diventare calciatore vero sono ormai stati superati da un lavoro normale, una famiglia, una compagna o altro. Eppure quella "passionaccia" di preparare la borsa, gli scarpini, la tuta, i parastinchi e volare, nel tempo libero, a giocare la partita di pallone ci accompagna sempre, almeno fino quando il fisico ce lo consente. Chi lo fa per tirare solo due calci, per autoconvincersi che ci sa fare anche lui e che solo la sfortuna gli ha impedito una carriera da professionista, chi per cercare di salvare, dai trent'anni in su, quel che resta del fisico più o meno asciutto di un tempo. Così può accadere che dalla semplice sgambata nasca l'idea più ambiziosa, quella di formare una squadra vera, almeno nelle intenzioni. Con un nome, uno sponsor, una maglia uguale per tutti e che partecipi a un campionato nel quale, alla fine, si vinca qualcosa. Una coppa, per quanto altamente simbolica, che stia a certificare chi è riuscito a trionfare su tutte le altre nel torneo Amatori. Impresa praticamente impossibile per chi, come la squadra che viene narrata in questa storia (vera), ha raccattato un po' di tutto.